Il bar sotto il mare di Stefano Benni (Feltrinelli, 1987) è una raccolta di 24 racconti ambientati in realtà distopiche e narrati da altrettanti personaggi che si trovano in un bar, posizionato sotto il mare, al largo della città immaginaria di Brigantes. Il libro coinvolge nella narrazione anche la copertina stessa, che raffigura 23 personaggi che guardano verso il lettore. Ognuno di essi, come spiegato attraverso uno schema all’inizio del libro, è identificato da particolari fisici banali e generici (l’uomo con gli occhiali scuri, l’uomo col cappello, il cane nero, la bionda, ecc…) che tralasciano volutamente somiglianze molto marcate come quella di Edgar Allan Poe (l’uomo col mantello) o Marylin Monroe (la bionda).
Il protagonista, che parla in prima persona suggerendo un’identificazione con il lettore, si trova sul lungomare di Brigantes quando vede un uomo, con una gardenia infilata nell’occhiello della giacca (uno dei personaggi, con le fattezze di Sigmund Freud), che si immerge nel mare, camminando tranquillamente. Pensando probabilmente a un tentativo di suicidio, il protagonista lo segue fino in fondo, dove scopre – sott’acqua – l’esistenza di un bar con diversi avventori, che sono i personaggi raffigurati in copertina. L’ingresso dell’Ospite (così è chiamato il protagonista) è la copertina stessa – in questo, Benni suggerisce ancora una volta l’identificazione Ospite-lettore, come se fosse il lettore a entrare nel bar.
Pagina dopo pagina, l’Ospite-lettore scopre un personaggio dopo l’altro attraverso la storia che racconta, perché la regola è che ogni “cliente” del bar racconti una storia. E così, attraverso il linguaggio, la punteggiatura e le diverse cifre stilistiche, è possibile addentrarsi nelle personalità dei singoli personaggi, sincerandosi della reale somiglianza con i loro “sosia” più noti, riconoscibili sin dalla copertina. Non tutte le somiglianze si riescono a cogliere, ma tra quelle più evidenti non si può non notare un filo conduttore: ognuno di essi presenta episodi della propria vita di carattere poco chiaro. Dalla celebre amnesia di dieci giorni di Agatha Christie (Priscilla Mapple, nel libro di Benni, ricorda la sua Miss Marple), al controverso rapporto con la cocaina di Sigmund Freud, fino ad arrivare alla morte per overdose di John Belushi e a quelle “meno chiare” di Marylin Monroe e di Edgar Allan Poe.
Benni riunisce tutte le loro follie all’interno di un bar, che non si capisce bene se esista o meno, il quale sembra il posto ideale per riunire le anime di questi grandi personaggi della storia dopo la loro scomparsa. Anche l’Ospite diventa un avventore del locale e anche a lui è chiesto di raccontare una storia, ma non è chiaro se ciò gli permetterà di uscire oppure no, né in quali condizioni egli si presenti in un questa taverna sottomarina. Se il suicidio, anziché dell’uomo con la gardenia, fosse dell’Ospite stesso? Magari all’interno di uno stato di semi-incoscienza che lo ha portato a cercare qualcosa sott’acqua, fino a rimanerne vittima. Non è chiaro ed è questo il bello. All’interno del dubbio è possibile ambientare le storie più incredibili, a volte adatte a un pubblico di bambini, a volte dedicate decisamente a un pubblico adulto. A volte più lunghe, a volte brevissime, a volte coinvolgenti, a volte puro intrattenimento. Un grande esercizio di stile, per Benni, che ricorda l’opera di Queneau, con le dovute proporzioni. Immaginare lo stile di un personaggio e provare a emularlo è un modo per ricordarlo e, nel profondo del blu marino, rendergli un ultimo, sincero omaggio. Al lettore rimane la possibilità di restare nel bar come e quanto preferisca, semplicemente aprendo o chiudendo il libro, senza bisogno di porte – esattamente come cercano di spiegare i personaggi.
Copertina: huffingtonpost.it